Final Portrait - L'arte di essere amici |
Scritto da Sofia Peroni |
Martedì 13 Febbraio 2018 21:46 |
Regia: Stanley Tucci Cast: Geoffrey Rush, Armie Hammer, Tony Shalhoub Musiche: Evan Lurie
Produzione: Gran Bretagna 2017 Genere: Biografico Durata: 90 minuti
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Interpretazione:
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Giudizio:
Trama Recensione Il filosofo Fichte affermava che la vita umana deve tendere al perfezionarsi all’infinito, dato che la perfezione in sé non esiste. L’Alberto Giacometti di Tucci sembra farne un mantra, cullato e tormentato dalla tensione inquieta verso la perfezione, che ricerca nella sua arte. Creazione e distruzione si incontrano, sedute su uno sgabello davanti a una tela o in piedi di fronte a una statua dalle fattezze lunghe come fiammiferi. Diretto testimone, interprete dello stupore e della curiosità del pubblico, spettatore primo del processo artistico di Giacometti, è James Lord. Amico da oltre dieci anni e soggetto di un suo ritratto, lo scrittore Lord scoprirà presto che per veder realizzata l’opera in questione dovrà rimandare il suo volo per l’America più volte. Seduto scomodamente su una vecchia sedia, tra la compassione del fratello dell’artista e della moglie Annette, lo scrittore a sua volta studia un ritratto di Giacometti. Così inizia non solo la storia di un'amicizia insolita, ma vista attraverso gli occhi di Lord, un'intuizione della bellezza, della frustrazione, della profondità e, a volte, del vero e proprio caos del processo artistico. Le sessioni di ritratto sono costantemente interrotte da lunghe passeggiate, bevute nei bar vicini e frequenti esplosioni a causa del perfezionismo cronico che garantisce che i suoi lavori non siano mai finiti. Puer aeternus, una sorta di Peter Pan, Giacometti è un uomo che ha etica per il proprio lavoro ma non per la sua vita personale; si circonda dell’invadente e sfacciatamente seducente Caroline, una prostituta che, oltre a essere sua amante, è la sua musa. L'artista vive in mezzo a un caos disordinato con una moglie longanime che tollera la sua ossessione per la ragazza, e suo fratello Diego che lavora per lui costruendo instancabilmente basi per le sue sculture. Il rapporto che Alberto ha con le persone di cui si circonda, vittime dei suoi impeti di rabbia e del suo egoismo, verte su un assecondarlo e giustificarlo. Così la moglie, gelosa di Caroline, e quest’ultima che finge di essere libera da qualsiasi vincolo, chiudono gli occhi in cambio di lussuose macchine o cappotti e vestiti. Il rapporto con James è diverso e tuttavia privo di uno sviluppo reale. Lo scrittore osserva silenziosamente, nei primi giorni, la routine di Giacometti e pare quasi di sentire una macchina da scrivere battere i tasti nella sua testa, quasi prendesse appunti. La ciclica sessione del suo ritratto viene interrotta da nuove passeggiate, e ci si aspetterebbe un intensificarsi del loro legame. O una sorta di modifica delle sequenze, forse ripetitive appositamente per sottolineare come lo sforzo di Giacometti nel creare e di Lord nel sopportare un nuovo giorno seduto sulla sedia, immobile per ore. Comunque, nonostante il mancato arrivo di un climax nel rapporto tra i due protagonisti, restano eccezionali le loro interpretazioni. In particolare Geoffrey Rush, con una leggera modifica dell’accento verso lo svizzero realmente appartenuto a Giacometti, regna sovrano sulla scena. Supportato dal convincente e perbenista Hammer, che ultimamente spicca in una pellicola in vetta agli Oscar, Chiamami col tuo nome, Tony Shalhoub sempre sulla soglia con lo sguardo di chi la sa lunga e Sylvie Testud, disillusa e malinconica. Dopo dieci anni lontano dalla macchina da presa, Tucci sorprende e si conferma più di un affermato attore. Una regia consapevole, una fotografia impeccabile e una sceneggiatura che, nonostante qualche scricchiolio, convince e fa spesso anche ridere, sorridere e riflettere.
Il film è stato in realtà girato a Londra per motivi economici, nonostante poi gli scenari parigini siano stati realizzati in CGI
Copyright immagini: Bim Distribuzione |
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